Impedimento parzialmente scremato

traduzione di “A setback for Silvio“, da The Economist online, 13 gennaio 2011, ROMA

Gli ultimi 17 anni – i primi da politico – di Silvio Berlusconi sono stati caratterizzati da infinite battaglie in tribunale: da un lato il pluriprocessato magnate dei media, giudici e pm dall’altro. I suoi sostenitori speravano in una pronuncia della Corte Costituzionale – del 13 gennaio 2011 sulla costituzionalità della legge relativa al legittimo impedimento – diretta a rafforzare e proseguire una tregua iniziata dieci mesi or sono, in modo da evitare non solo una ripresa delle ostilità ma anche il loro riverberarsi sulle condizioni di un indebolito premier e del suo governo già semi-paralizzato.

La Corte è stata chiamata a decidere sulla costituzionalità di un provvedimento (approvato nel marzo 2010) secondo cui qualsiasi ministro messo sotto processo può ottenere la sospensione dello stesso con una dichiarazione dell’ufficio di presidenza del Consiglio la quale attesti i doveri inerenti al suo ufficio come “legittimo impedimento” alla sua apparizione in tribunale (naturalmente, in una democrazia normale, un ministro avrebbe smesso d’esser tale molto prima di essere di arrivare al processo ma … questa è l’Italia). In altre parole, gli alti ranghi di governo raramente parteciperebbero al proprio processo e secondo alcuni, dal momento che Berlusconi è l’unico membro del suo governo a dover affrontare processi, il provvedimento è un colpo di genio finalizzato a tenerlo fuori dai guai.

La Corte Costituzionale non ha “cestinato” tutta la legge; semplicemente ha ritenuto inaccettabile (incostituzionale) il meccanismo di autocertificazione ed ha restituito al giudice del processo l’autorità di decidere, caso per caso, se trattasi o meno di legittimo impedimento.

Secondo i sostenitori di Berlusconi, che accusano la magistratura di perseguitarlo, valutare l’importanza degli impegni politici è un potere assolutamente inappropriato in mano ai giudici. I Deputati dell’opposizione non nascondono grande felicità per una decisione che ha visto il favore di 12 dei 15 membri della Consulta.

Questa decisione – le cui motivazioni non sono state ancora rese note – rimette Berlusconi sotto non meno di tre processi per presunti reati che vanno dalla corruzione alla frode ma sembra lasciare al premier margini di manovra.

Si può infatti facilmente intuire che Berlusconi, ora tenuto a partecipare al processo, “protesterà” urgenti affari di governo al fine di evitarne la prosecuzione. E qualora le sue giustificazioni fossero respinte, potrebbe sempre decidere di andare ad una resa dei conti contestando la decisione del giudice (quello del processo che valuta la fondatezza del legittimo impedimento) presso la Corte Costituzionale. Il che implicherebbe un’attività di governo ulteriormente rallentata dai soliti conflitti di interesse inerenti alla posizione di Berlusconi.

Ma c’è dell’altro.

La decisione della Corte Costituzionale sembra averlo reso più vulnerabile proprio nel momento in cui avrebbe bisogno di apparire più forte al fine – dopo essere a malapena sopravvissuto alla mozione di sfiducia il mese scorso – di rafforzare la sua maggioranza parlamentare, cercando il consenso di deputati sensibili all’argomento (lodo? ndt) o ad incentivi.

Una decisione che  ha reso verosimile ma non più probabile una fine anticipata della legislatura.

originale in versione stampabile

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