Battisti non soffre di saudade

Il Brasile ha fermato la estradizione di uno dei più noti criminali d’Italia. Barbie Nadeau Latza e Mac Margolis parlano della crisi internazionale che si è creata e su come Carla Bruni ne è rimasta coinvolta.

Cesare Battisti, l’assassino che irrita l’Italia

traduzione di “Cesare Battisti, the Murderer Taunting Italy“, di Barbie Latza Nadeau e Mac Margolis per il The Daily Beast, 26/01/2011

Milano, 16 febbraio 1979.

Quel giorno Alberto Torregiani, 13 anni, fu colpito da una pallottola che lo rese paraplegico. Quel giorno anche suo padre Pierluigi fu colpito. Alla testa. Colpi d’arma da fuoco sparati da membri dei PAC, Proletari Armati per il Comunismo. Oggi il Torregiani figlio trascorre quasi tutti i giorni su una sedia a rotelle in Piazza Navona cercando di fare in modo che il mondo non dimentichi cosa accadde quel giorno.

La veglia di protesta di Torregiani – di fronte all’ambasciata brasiliana – è iniziata alla fine dell’anno scorso, quando il presidente brasiliano uscente Luiz Inácio Lula da Silva rifiutò la concessione dell’estradizione di Cesare Battisti, membro dei PAC accusato di aver ucciso, negli anni ‘70, quattro persone, tra cui Torregiani padre.

“Si ottiene di più puntando i piedi e sbattendo i pugni, ed è quello che stiamo facendo” – dice Alberto alla folla riunita attorno a lui a sostenerlo. “Chiaramente la diplomazia non basta, quindi facciamo sentire la voce della gente”.

L’indulgente atto di Lula, firmato il 31 Dicembre, appena poche ore prima di lasciare l’ufficio, è stato un duro colpo per i molti italiani che ricordano perfettamente le violenze precedenti gli “anni di piombo”, quando l’Italia era sotto assedio da parte di terroristi.

Ad infuriare ulteriormente gli italiani, la voce che Carla Bruni – first lady francese d’origine italiana, spesso in disaccordo con la sua terra natale – avesse personalmente chiesto al presidente brasiliano, a titolo di “favore personale”, di non estradare Battisti.

Il coinvolgimento della Bruni, negato dalla stessa dopo le proteste dei politici italiani, è venuto alla luce dopo che Bruno Berardi – a capo della Domus Civitas, gruppo delle vittime terrorismo e mafia – ne ha parlato alla tv italiana. “La Bruni mi disse di aver personalmente chiamato Lula chiedendogli, come favore personale, di non estradare Battisti,” – ha detto Berardi. “Lei mi ha chiesto di non raccontare i dettagli del suo coinvolgimento”.

Battisti ha sempre costantemente negato qualsiasi coinvolgimento in questi crimini, eppure il fuggiasco è diventato un simbolo vivente di una delle epoche più buie d’Italia. La sua protezione da parte del  Brasile – che ha visto i propri giorni dell’ira durante il periodo della dittatura, dal 1964 al 1985 – ha irritato l’opinione pubblica divenendo un incidente internazionale che sta mettendo a dura prova le relazioni tra i due paesi come mai prima d’ora.

Gli accordi bilaterali economico-militari destinati ad essere ratificati dal Parlamento italiano sono stati congelati in attesa di un clima politico più favorevole a un accordo – dice il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini, che aggiunge di sentirsi indignato dalla possibilità che “un criminale potrebbe presto essere in grado di circolare liberamente sulle splendide spiagge del Brasile”.

Gli Italiani hanno boicottato i prodotti brasiliani e le agenzie di viaggio si sono impegnate a spingere i loro clienti a boicottare il Brasile come meta turistica. Anche José Graziano, candidato brasiliano alla presidenza della FAO – con sede a Roma e dove l’Italia gode di un notevole potere – potrebbe pagare lo scotto della vicenda.

“L’Italia ha una storia complessa  ma la legge sulla estradizione dei terroristi e criminali è molto chiaro”, dice Luca Guglielminetti, portavoce della l’Associazione Italiana Vittime del Terrorismo. “Il ritorno di Cesare Battisti è molto più di un gesto simbolico. È una questione di diritto. La sua mancata estradizione è come uno pugno in faccia”.

C’è poco da meravigliarsi. Da quasi tre decenni Battisti è in cima ha alla lista Italiana dei fuorilegge. Processato in contumacia nel 1993 e riconosciuto colpevole di quattro omicidi commessi negli anni ‘70, l’ex appartenente ai PAC fuggì da un carcere italiano nel 1981 e da allora è in fuga.

Battisti ha vissuto un più che confortevole esilio in Messico, in Francia, e infine il Brasile. Dopo un breve periodo in Messico a seguito della fuga dal carcere, si trasferì in Francia, dove ha vissuto liberamente sotto la Dottrina Mitterrand, che ospitava i ribelli della sinistra italiana non coinvolti nel “terrorismo sanguinario” e in grado di dimostrare non aver “collegamenti attivi” con i loro gruppi terroristici.

Si è reinventato giallista, scrivendo libri (con un certo successo) che raccontano di attività terroristiche. In uno di quelli, Buena Onda, romanza il suo coinvolgimento nei quattro omicidi per i quali è stato condannato.

Nel 2002, quando la dottrina Mitterrand “spirò” e dopo che la Francia accettò di restituirlo all’Italia, Battisti fuggì in Brasile. Attualmente è dietro le sbarre, ma sia che là rimanga o esca, la questione resta aperta.

Battisti venne arrestato dalla polizia federale brasiliana nel 2007 e rilasciato due anni dopo, quando il ministro della Giustizia brasiliano Tarso Genro – fedelissimo del Partito dei Lavoratori di sinistra a alleato di lungo corso di Lula –  gli concesse asilo politico sulla base della sua petizione circa la sua “persecuzione politica”.

Il caso finì presso il supremo tribunale brasiliano, dove finì rapidamente in un pantano legale: nel 2009 l’Alta Corte ha infatti deciso di revocare l’asilo di Battisti rimettendolo in carcere a Brasilia – e aprendo in teoria la strada per un’estradizione – ma anche stabilito fosse Lula ad avere l’ultima parola in merito.

Roma, intuendo un varco, ha intensificato la pressione, ma dopo aver rinviato la decisione per mesi, Lula ha infine deciso di “trattenere” Battisti in terra brasiliana.

Alcuni hanno attribuito la decisione di Lula ad un inebriante 87% di indice di gradimento dell’opinione pubblica nei suoi confronti, che avrebbe con ogni probabilità alimentato – a detta del leader dell’opposizione Sergio Guerra – una determinazione, se non megalomania, utile a resistere alle insistenti pressioni delle prime potenze mondiali.

Ma Lula potrebbe anche essere stato influenzato dalla formidabile lobby internazionale – sorta a difesa di Battisti – che ha bombardato i media brasiliani con odi  all’innocenza del latitante italiano e denunce di  cospirazione della destra contro di lui.

Oppure potrebbe trattarsi semplicemente del richiamo del burrascoso passato di Lula, in passato leader sindacale e attivista di sinistra, costretto dalle circostanze a governare da pragmatico e ora, improvvisamente, di nuovo libero di sentirsi come in quei giorni fatti di proteste e barricate.

Il caso subirà un nuovo colpo quando il tribunale supremo brasiliano ci si riunirà sopra il prossimo febbraio. Ma per molti versi il danno è già stato fatto. La scorsa settimana il presidente italiano Giorgio Napolitano ha scritto una lettera al successore di Lula, Dilma Rousseff, sottolineando “delusione e amarezza” per la decisione di proteggere l’assassino.

Il ministro degli Esteri sostiene che ribaltare la decisione di Lula è un “dovere morale” e promette di portare la questione alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, se necessario.

Pure il Parlamento Europeo di Strasburgo è entrato nella mischia, approvando all’unanimità una mozione per sostenere la posizione Italiana, pur ammettendo di non avere alcuna reale autorità su quella che resta  una questione bilaterale tra le due nazioni.

Maurizio Massari, portavoce del ministro degli Esteri Frattini, dice che la questione del rientro di Battisti non è politica ma di giustizia. “Una persona che ha commesso reati comuni – non meno di quattro omicidi – deve essere riconsegnato perché possa pagare per i suoi crimini nel paese in cui i crimini sono stati commessi” – dice. “Noi lo rivogliamo in un carcere italiano per un senso di giustizia nei confronti delle famiglie e per il nostro paese”.

originale in versione stampabile 1, 2

Barbie Nadeau Latza, autore del “beast book” Angel Face, sul caso Amanda Knox, ha lavorato in Italia per Newsweek fin dal 1997. Scrive anche per la CNN Traveller, la rivista Budget Travel, e Frommer’s.

Corrispondente da lungo tempo per Newsweek, Mac Margolis ha viaggiato molto in Brasile e America Latina. Ha lavorato per The Economist, Washington Post e Christian Science Monitor, ed è autore di The Last New World: The Conquest of the Amazon Frontier.

Leave a comment