Generazione Starbucks

Le sirene a due code di Starbucks campeggiano numerose a Dublino, Londra, Berlino, Parigi, Madrid e in numerose altre città europee. In Italia no, è non sembra dipenda soltanto da tazze di plastica e caffè leggeri …

Caffè al … Wi-Fi

traduzione di “Starbucks in Italy. Ever Wonder Why There’s No Starbucks in Italia … Yet?” da lifeinitaly.com, 09/02/2011

Nelle principali città americane ed europee gli Starbucks sono ormai quasi in ogni dove. Vero, ma non in Italia. Qui, la più grande catena di caffetterie del mondo non è ancora approdata e le imminenti aperture a Milano e Roma fin ad oggi sono solo voci.  Pensate che tutto questo sia strano? conoscendo la storia di Starbucks, molto meno di quanto possa sembrare.

(Il primo  Starbucks fu aperto a Seattle, Washington, il 30 marzo 1971 da tre soci: l’insegnante di inglese Jerry Baldwin, il docente di storia Zev Siegl e lo scrittore Gordon Bowker. I tre furono ispirati dall’imprenditore Alfred Peet (che conoscevano personalmente).  Il nome viene dal Moby Dick di Melville, romanzo del 1851: all’inizio venne proposto il nome Pequod ma fu respinto da uno dei co-fondatori, i quali trovarono l’accordo sul nome del primo ufficiale del Pequod: Starbuck)

Inizialmente Starbucks funzionava come azienda di fornitura di caffè e attrezzature. Dopo un viaggio a Milano, Howard Schultz – allora direttore vendite e marketing Starbucks –   suggerì ai fondatori di iniziare la vendita di caffè-espresso e bevande a base di caffè nei loro punti-vendita. I tre fondatori della società non accolsero l’idea di Schultz, che lasciò il suo lavoro per fondare la propria catena di caffetterie  “Il Giornale”.

Pochi anni dopo i fondatori cedettero la società Starbucks a Schultz, che ne utilizzò il nome per la sua catena e così nacque la Starbucks come la conosciamo oggi, un brand che sa tanto, e fin dall’inizio, di Italia.

Fin dal suo primo viaggio a Milano, Schultz si rese facilmente conto di come le caffetterie e i bar italiani fossero un posto dove fare pausa, rilassarsi, incontrarsi e discutere.

Perciò chiamò le sue prime caffetterie “Il Giornale”. Quale miglior posto per sfogliare il giornale del mattino, incontrare gli amici e discutere con loro di attualità?

Schultz voleva che i suoi caffè fossero proprio quel luogo, una sorta di salotto fuori casa, ciò che rende i caffè e i bar italiani così invitanti. Atmosfere che si respirano ancora al Caffè Greco o al Tribeca di Roma, giusto per citarne alcuni, o a Trieste, dove tutt’ora sono i numerosi caffè ad essere punti di riferimento nella città. Nel caso entriate in uno di quei posti, avrete una idea precisa dell’atmosfera che la catena Starbucks cerca, nel resto del mondo, di ricreare. L’idea di Schultz fu di esportare la sua esperienza italiana – anche con la strategia franchising e con tanto di caffetterie in stile italiano – in tutto il Nord America, tant’è che anche i nomi dei formati dei caffè e bevande a base di caffè sono in italiano come ad es. “grande” e “venti”.

Proprio per queste ragioni l’Italia è stata a lungo una “no-go zone” per Starbucks. Non solo sarebbe molto più difficile competere con le caffetterie originali ma il marchio rischierebbe danni di immagine se sui quotidiani italiani dovessero uscire titoli del tipo “agli italiani il caffè Starbucks proprio non scende”.

Starbucks potrebbe perciò trasmettere una immagine inautentica e di bassa qualità, un rischio davvero enorme. E un altro potrebbe essere proprio il tipico caffè servito da Starbucks: troppo leggero per gli italiani abituati a miscele più forti che, d’altro canto, potrebbero allontanare i turisti (probabilmente il reale obiettivo Starbucks in Italia) in fila d’attesa per un caffè che sa di casa loro.

Nel corso degli anni Starbucks ha sviluppato una propria marca con un’identità robusta. Un brand che offre sosta e relax a giovani e moderni abitanti di città frenetiche e che, grazie al Wi-Fi gratuito, ha attirato un nuovo tipo di cliente: il freelance che lavora da casa. Quel professionista che, stufo della noia e della solitudine del suo “ufficio-domestico”, preferisce una giornata di lavoro in ambiente comodo, tranquillo ma vivace.

Anche questo è, al momento, un problema in Italia: una legge anti-terrorismo, promulgata dopo l’undicisettembre, stabilisce che il fornitore di connettività identifichi ogni persona che si collega a Internet. Una procedura che richiede la registrazione dei dati personali (carta d’identità, indirizzo e cap), e che esclude chi non ha un indirizzo italiano o codice fiscale.

Questa è la ragione per cui in Italia si va da eleganti bar e caffè a internet-point che sanno ancora di anni ’90 e … quasi il nulla a cercare di unire le due cose.

Starbucks senza Wi-Fi sarebbe come una normale caffetteria senza nessuna reale attrattiva per gli italiani. Eppure … presto le cose potrebero cambiare.

http://www.facebook.com/Starbucks

C’è una nuova generazione di italiani, giovane, moderna, sempre collegata alla rete, che ha conosciuto Starbucks all’estero. Che vede Starbucks nei film e in tv, citato in riviste e ne è curiosa. Anche se molti nord-americani sognano di “fare” gli italiani, in Italia è spesso il contrario e Starbucks è effettivamente visto come qualcosa di esotico solo per il fatto di provenire dall’estero.

Certo i caffè e i frappuccinos non sono un’esperienza trascendentale ma l’atmosfera informale e rilassante di Starbucks è capace di attirare i più giovani italiani, soprattutto chi lavora in settori come il design, la comunicazione e il marketing.

Potrebbe trattarsi di una nicchia, ma proprio quella che ha sempre sognato l’esperienza Starbucks in Italia. E sembra che le loro voci siano state ascoltate.

Aggiungete a questo che la attuale legge restrittiva sulla libera e anonima connessione Wi-Fi dovrebbe essere abolita nel 2011, il che fa pensare che la strada per Starbucks in Italia potrebbe finalmente aprirsi.

Quindi, se siete stati in Italia e avete notato con sorpresa che il vostro amato Starbucks proprio non c’è … ora sapete perché.

Niente paura comunque, perché con ogni probabilità Starbucks comincerà a insediarsi nelle principali città italiane in un prossimo futuro.  In ogni caso, se siete in visita in Italia – che ci sia o meno uno Starbucks là intorno – si consiglia una sosta presso un vero bar o caffè italiano per fare quell’autentica esperienza su cui Starbucks ha costruito un impero. Il caffè potrà forse essere un po’ forte per i vostri gusti, ma come si dice, when in Rome *…

(* “when in Rome, do as the Romans do” letteralmente “quando (sei) a Roma fai come fanno i Romani” che potrebbe intendersi nel senso di “paese che vai, usanza che trovi“)

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